terrena mio malgrado

gennaio 21, 2010

mi piace il mattino mentre si dischiude al giorno.

il gabbiano vola appena più in alto dell’orizzonte. il torpore della laguna ancora assopita si manifesta nel silenzio rarefatto mentre cospirazioni d’ombre si dissolvono col primo sole.

mi hai chiesto dove sei e io avrei voluto non esserci
dietro a schiene giganti di monti,
mi chiedo se fuggo o se rimango ancora
in questo fiato piatto
e loro ricurve, dal peso dei cento tramonti
si chiedono se non sia l’ora
di lasciar spasmi e fantasmi al vento.

salgono le voci dalla strada e con loro sale anche il fremito del terremoto da terre lontane. me ne resto seduta, per ora.    fuori dalla finestra l’aria sembra aria e non acqua grigia o verde            che mi fa nuotare e stanca mentre non riprendo fiato e non mi curo dei fondali.

cosa sono, io, in questa stanza?    un respiro  un gesto un fiore? nemmeno   cosa sposto nel mondo che s’illumina di giorno e s’abbandona, si svuota la notte. crea ricordi, li raccoglie, li colleziona. dissotterra e sepellisce gatti. si asciuga i capelli, innaffia i fiori, fa l’amore nell’appartamento di sotto e cerca di far piano.  

conta i giorni e li esaurisce.   (li riconta e ne scopre uno nascosto tra le dita)

èlavita.